La valutazione epidemiologica ed antropologica

Il cammino di “Cerca la Vita!” è, fin dall’inizio delle attività, supervisionato da un punto di vista epidemiologico da parte di rappresentanti delle ASL e degli ospedali coinvolti, perché sia sempre rilevabile la qualità della cura.

Alla persona che si rivolge a “Cerca la Vita!”, malato o caregiver, vengono sottoposti due questionari che saranno nuovamente somministrati al termine del ciclo base introduttivo di 8 incontri.

Al momento, poiché la valutazione della qualità della vita ha valore su gruppi di pazienti con numeri elevati di partecipanti, non è possibile fornire risultati anche solo preliminari per questo studio.

 
 

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Sono stati scelti i più noti tests FACIT (Functional Assessment of Chronic Ilness Therapy di cui esiste anche un modello per la valutazione della qualità della vita spirituale “Spiritual well-being” (FACIT-sp; Brady, 1999) . Tale scelta è stata effettuata per predisporre di un background scientifico confrontabile quando saranno raggiunti un numero dei pazienti adeguato e come possibile base comune per il confronto di esperienze di altri centri. I questionari per la raccolta dei dati riguardanti la qualità della vita dei pazienti entrati nello studio si articolano in 3 sezioni: Sezione 1 riguardante i dati socio-anagrafici, Sezione 2: dati clinici riferiti ai pazienti oncologici, Sezione 3: valutazione della Qualità della vita (FACT G.) e della Qualità spirituale della vita (FACITSp.). I questionari sono stati elaborati dalla Prof.sa Rosalba Rosato (Assistant Professor of Psychometrics del Dipartimento di Psicologia, Servizio di Epidemiologia dei Tumori, ASO San Giovanni Battista di Torino e Università di Torino). Il questionario FACT-G (Functional Assessment of Cancer Theraphy – General) specifico per ogni tipo di tumore (FACIT 2007) ed il questionario sulla qualità spirituale della vita FACIT – SP (The 12 – item Spiritual Well-Being Scale) sono stati somministrati ai soli pazienti, mentre per i caregivers sono stati utilizzati il FACIT-SP (FACIT-Sp-12) ed il questionario Family Strain Questionnaire – Short Form 2004/2008 nella traduzione italiana di Silvia Rossi Ferrario e Anna Maria Zotti. L’idea di utilizzare un parametro di misurazione della qualità della vita spirituale è stata suggerita dal lungo lavoro eseguito dal gruppo di psico-oncologi dell’ Università di Harvard, Boston tra il 2002 ed il 2008 ed esitato in due pubblicazioni: “Religiosità e supporto spirituale nei pazienti con cancro avanzato ed associazione con le preferenze di trattamento di fine vita e con la qualità della vita” e “Offerta di cura spirituale ai pazienti con cancro avanzato: associazioni con le cure mediche e con la qualità della vita vicino alla morte” . Il questionario Functional Assessment of Chronic Ilness Therapy – Spiritual well-being è uno strumento la cui validità è stata dimostrata e coinvolge importanti aspetti della spiritualità come il senso della vita, un senso di pace e di armonia interna.
 
 

L’attività di “Cerca la Vita!” è stata valutata da un punto di vista qualitativo da un’antropologa, la dottoressa Ilaria Lesmo.

Da tale analisi qualitativa “Cerca la vita!” si mostra efficace in vario modo sulla qualità di vita dei partecipanti: la socializzazione e la possibilità di attivare di concerto alcune tecniche di rilassamento risultano cruciali per ricomporre una dimensione intersoggettiva e socializzata in contesti di violenza strutturale e sofferenza sociale. In questo modo due tra i fini che l’intervento si proponeva, ossia la costruzione del ben-essere possibile a livello individuale e comunitario e di un luogo di ascolto, di accompagnamento, di riferimento nelle varie fasi della malattia e della fine della vita, risultano perseguiti.

Tuttavia, la continuità del percorso nel tempo appare fondamentale: in assenza di tale continuità, l’esperienza quotidiana rischia di soccombere nuovamente alla struttura del contesto. Si può sostenere che “Cerca la vita” sia stata anche in grado di costituire reti di rapporti solidali promossi dai malati e dalle loro famiglie, ma per stabilizzare simili reti gli incontri devono proseguire nel tempo o dare origine a nuove forme di socializzazione e condivisione. Sempre per le medesime ragioni sembra da implementarsi il primo dei fini che il progetto si proponeva, ossia quello di strutturare un luogo che sia ponte, punto di riferimento continuativo e solidale tra gli ospedali e la casa dei malati, delle loro famiglie e caregivers. In questi termini l’efficacia è rilevabile nel vissuto dei partecipanti, però l’iniziativa va concepita come l’origine di una serie di pratiche ed azioni sociali che continuino ad agire oltre i limiti temporali e spaziali del corso stesso. In effetti anche nei successivi corsi è emerso che le reti tra servizi ospedalieri, casa dei malati, famiglie e caregivers non sono andate strutturandosi adeguatamente.

 
 

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Tale analisi qualitativa valuta gli interventi 2011 e 2012 sulla base del materiale raccolto, composto da tre dispositivi narrativi: a) osservazioni di rappresentazioni e pratiche attuate durante gli incontri, redatte da un volontario sotto forma di verbale (l’analisi si riferisce sia ai contenuti elaborati dai partecipanti e discussi verbalmente, sia alle attività svolte). b) interviste semi-strutturate, proposte dai volontari ai partecipanti (L'analisi delle interviste prende in esame sia le modalità relazionali instaurate tra intervistato e intervistatore, sia le rappresentazioni proposte). c) elaborati scritti, appositamente composti dai partecipanti (L'analisi degli elaborati scritti prende in esame sia gli aspetti formali dei testi, sia gli aspetti contenutistici). Dal punto di vista teorico, l'analisi si è avvalsa di un approccio antropologico di tipo fenomenologico-interpretativo, volto ad esplorare l'efficacia esperita dai partecipanti. Presupponendo l'ottica fenomenologica, secondo cui i soggetti costruiscono attivamente i propri oggetti, esplicitando e articolando ciò che fino ad allora si presentava solamente come un orizzonte indeterminato, il lavoro non ha mirato ad individuare dati "oggettivi", ma piuttosto ad indagare quali oggetti siano stati creati e quali significati siano stati elaborati dai partecipanti. Adottando poi la prospettiva interpretativa secondo cui la rappresentazione è in grado di dare un senso alla realtà, agendo su di essa (Bruner, 2002; Charon, 2010; Jacob, 1983; Morin, 2007), si è presupposto che gli oggetti narrativi (in particolare quelli inerenti all'efficacia) abbiano una ricaduta su quest'ultima e sui percorsi successivamente performati dai soggetti. In questo senso, la percezione di efficacia o inefficacia agisce sul soggetto e sul suo essere-nel-mondo. Così, le narrazioni stesse sono dotate di potere trasformativo, poiché agiscono e retroagiscono su chi le elabora e su chi le riceve. Rappresentando "Cerca la vita" in un modo o in un altro, esse attribuiscono un senso specifico all'iniziativa e la pongono in essere in modi peculiari; la rappresentazione, tuttavia, non si limita ai discorsi, ma coinvolge anche le pratiche agite. L'obiettivo di questa disamina era dunque esplorare rappresentazioni e pratiche incorporate, non per valutare se corrispondessero a fatti oggettivi e quantificabili, quanto per individuare quali realtà ponessero in essere: quali pratiche del corso valorizzassero; quali ambiti di miglioramento sottolineassero; quali criticità evidenziassero; quali dimensioni di significato ritenessero rilevanti e quali scenari futuri ipotizzassero. La disamina ha portato a: 1) composizione di analisi specifiche per ogni partecipante di cui si avevano almeno due dispositivi narrativi (osservazioni + elaborato scritto /osservazioni + intervista). Ogni analisi specifica si compone di una disamina dei singoli dispositivi, di una conclusione generale e di una rappresentazione schematica degli elementi individuati: (a. Pratiche efficaci, b. Benefici raggiunti, c. Criticità riscontrate, d. Ambiti di significato rilevanti, e. Rappresentazioni future, f. Valutazione complessiva); 2) elaborazione di uno schema comparato; 3) analisi di rappresentazioni e pratiche dei partecipanti per i quali si disponeva solo del primo dispositivo narrativo. I benefici raggiunti da ogni singolo soggetto, evidenziati dall’antropologa nelle rappresentazioni schematiche comparate, sono: parziale ricomposizione del sé; controllo; rilassamento; tempo per sé; riconfigurazione della propria soggettività; apertura. Tali benefici fanno riferimento a determinate sfere che ella definisce: somatica; emotiva; intersoggettiva; intellettuale; di competenza; spirituale; familiare; intersoggettiva.
Consulta le analisi qualitative riferite alle attività svolte nel 2011 e nel 2012