La valutazione epidemiologica ed antropologica
Il cammino di “Cerca la Vita!” è, fin dall’inizio delle attività, supervisionato da un punto di vista epidemiologico da parte di rappresentanti delle ASL e degli ospedali coinvolti, perché sia sempre rilevabile la qualità della cura.
Alla persona che si rivolge a “Cerca la Vita!”, malato o caregiver, vengono sottoposti due questionari che saranno nuovamente somministrati al termine del ciclo base introduttivo di 8 incontri.
Al momento, poiché la valutazione della qualità della vita ha valore su gruppi di pazienti con numeri elevati di partecipanti, non è possibile fornire risultati anche solo preliminari per questo studio.
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L’attività di “Cerca la Vita!” è stata valutata da un punto di vista qualitativo da un’antropologa, la dottoressa Ilaria Lesmo.
Da tale analisi qualitativa “Cerca la vita!” si mostra efficace in vario modo sulla qualità di vita dei partecipanti: la socializzazione e la possibilità di attivare di concerto alcune tecniche di rilassamento risultano cruciali per ricomporre una dimensione intersoggettiva e socializzata in contesti di violenza strutturale e sofferenza sociale. In questo modo due tra i fini che l’intervento si proponeva, ossia la costruzione del ben-essere possibile a livello individuale e comunitario e di un luogo di ascolto, di accompagnamento, di riferimento nelle varie fasi della malattia e della fine della vita, risultano perseguiti.
Tuttavia, la continuità del percorso nel tempo appare fondamentale: in assenza di tale continuità, l’esperienza quotidiana rischia di soccombere nuovamente alla struttura del contesto. Si può sostenere che “Cerca la vita” sia stata anche in grado di costituire reti di rapporti solidali promossi dai malati e dalle loro famiglie, ma per stabilizzare simili reti gli incontri devono proseguire nel tempo o dare origine a nuove forme di socializzazione e condivisione. Sempre per le medesime ragioni sembra da implementarsi il primo dei fini che il progetto si proponeva, ossia quello di strutturare un luogo che sia ponte, punto di riferimento continuativo e solidale tra gli ospedali e la casa dei malati, delle loro famiglie e caregivers. In questi termini l’efficacia è rilevabile nel vissuto dei partecipanti, però l’iniziativa va concepita come l’origine di una serie di pratiche ed azioni sociali che continuino ad agire oltre i limiti temporali e spaziali del corso stesso. In effetti anche nei successivi corsi è emerso che le reti tra servizi ospedalieri, casa dei malati, famiglie e caregivers non sono andate strutturandosi adeguatamente.